In questi giorni ho avuto modo di leggere molte affermazioni riguardo alla ragione per cui uno scrittore “scrive”: per lavoro, mi piace, per me stesso, per donare emozioni… in silenzio ho osservato e riflettuto.
Credo che scrivere non si possa definire un mestiere, un lavoro. È un atto comandato da un’ispirazione che nasce nel proprio intimo, scaturita da un’immagine, da una parola, da un sentimento… Sì, scrivere è un modo per esprimere e descrivere liberamente il mondo che ci avvolge: come è, oppure come vorremmo che fosse.
Scrivere è una forma di arte. Attraverso la scrittura rappresento tanti personaggi che animano una scena, il mio quadro, la mia fotografia, e con le parole creo intorno a loro tante sfumature… sia come il pittore dipingendo, sia come lo scultore modellando il materiale a sua disposizione.
Gli artisti, nel loro creare, sono accomunati da un unico filo conduttore: la fantasia. Senza di questa è difficile trovare l’input: l’immagine che scaturisce un susseguirsi di sensazioni e di emozioni che avviano la creazione.
Perciò, non sono d’accordo con chi asserisce che noi scriviamo perché manca qualcosa nella nostra vita, anzi, come gli uccelli voliamo alti e in silenzio osserviamo, ma quando ci imbattiamo in qualsiasi tipo di emozione la catturiamo per arricchire la nostra esistenza già colma di pensieri. Poi la modelliamo e, a chi manca, doniamo una diversa chiave di lettura della realtà.
Possiamo definire tutto ciò come “interpretazione dell’esistenza”? Io credo di sì.
È affascinante cogliere l’input e immaginare, narrare, a proprio modo, un mondo creato da noi stessi.