STORIA DI UNA DONNA CHE HA SOFFERTO DI BULIMIA
Imma Venturo è nata a Napoli nel 1979. Da qualche anno vive e lavora in Svizzera, anche se gira l’Italia per il lungo e il largo per portare la sua testimonianza e supportare le persone affette da disturbi di disordine alimentare. Ha un’immensa passione per la lettura e la scrittura. Durante l’anno di ricovero ha scritto un diario dove condivideva pensieri, emozioni ed esperienze più intime, quelle che generalmente non si vorrebbe raccontare a nessuno. Nelle pagine del suo libro troverete un racconto vero, crudo, forte.
Imma, qual è la tua definizione di bulimia?
Fame di amore. Una questione di autostima non coltivata, oppure coltivata troppo per l’eccessivo apprezzamento. Chi è più forte cerca di raddrizzare il tiro, chi è meno forte si attacca alle dipendenza, droga, cibo, alcool, gioco, sesso o shopping compulsivo.
Si può guarire dalla dipendenza?
Certo, io sono la prova evidente.
Durante la malattia, quale significato attribuivi al cibo?
Il cibo era amore, riempiva il vuoto che avvertivo.
Cosa pensavi quando i terapisti ti dicevano che se non avessi mangiato saresti morta?
Pensavo “tanto io voglio morire, sono già morta dentro”.
Ti vedevi grassa e hai tentato molte diete restrittive per dimagrire, da sola oppure seguita dai professionisti della nutrizione. Quale immagine attribuivi all’operatore che ti proponeva quel tipo di alimentazione?
Era un nemico. All’inizio riuscivo a seguire il piano alimentare e ne andavo fiera, però poi la parte bulimica prendeva il sopravvento.
E cosa accadeva?
Mi arrabbiavo perchè riuscivo a portare avanti la prescrizione al massimo per due settimane, il tempo sufficiente per fare scattare la voce diabolica nella testa. Mi diceva “adesso hai sgarrato, quindi ti puoi concedere tutto, tanto poi vai a vomitare”.
Nel web si possono leggere curiose interviste. Personaggi del mondo dello spettacolo dichiarano di avere sofferto di un disturbo alimentare e che la gravidanza ha dato loro la spinta di guarigione. Qual è la tua opinione?
Ognuno di noi ha il proprio vissuto. Ci accomunano pensieri, atteggiamenti, nonostante ciò ciascuno vive la malattia a proprio modo.
Anche tu eri malata quando sei rimasta incinta. La gravidanza è stata la tua spinta verso la guarigione?
Non mi ha aiutata. Ho terminato la gravidanza con sette chili in più, la normalità, ma solo perché compensavo l’iperalimentazione con il vomito. Anche se ripetevo di avere dentro di me una vita, la bulimia prendeva il sopravvento.
Il percorso di guarigione ti ha condotta a utilizzare sia l’esperienza di persona che ha sofferto di bulimia, sia le conoscenze motivazionali acquisite tramite percorsi di studi, per aiutare chi ha un disturbo alimentare oppure coloro che manifestano difficoltà a seguire una dieta dimagrante. Ci spieghi di cosa si tratta?
Ho creato due percorsi di lavoro in gruppo per aiutare le persone che si guardano allo specchio e non si piacciono. Uno si chiama Felicemente IM-Perfetta, l’altro Saziare la Bulimia PRO- LIFE. Credo che lavorare in gruppo sia più efficace. Io stessa ho capito che avevo un problema serio da risolvere proprio grazie alla condivisione di gruppo, e sempre così sono poi riuscita ad affrontarlo.
In cosa si differenziano i due percorsi?
Felicemente IM-Perfetta è un percorso base e preparatorio al secondo, lavora sull’autostima e sui limiti depotenzianti.
Mi hai raccontato che il tuo lavoro subisce continue critiche da parte di medici e psicoterapeuti.
Sì, sono sottoposta ad attacchi continui perché non sono laureata e specializzata in disturbi alimentari. Conosco i miei limiti, il punto oltre il quale non posso andare. Se mi rendo conto di avere di fronte una persona che necessita del terapeuta, io lo propongo. Nel settore dei disturbi alimentari desidererei collaborare con i terapisti, essere di supporto alla loro cure.
Qual è la tua missione?
La mia missione è supportare le donne che stanno lottando con se stesse. L’obiettivo è creare una comunità di donne all’interno della quale possano vivere libertà d’espressione, ma soprattutto sentirsi libere dai pregiudizi.
Cosa aspettarsi dai tuoi corsi e il motivo per cui seguirli.
Il lavoro è aiutare a cambiare il mindset delle persone attraverso la comprensione di quelli che sono gli automatismi che si innescano con il cibo in tutti gli aspetti della vita, sostituire le abitudini potenzianti con quelle depotenzianti. È importante capire che non siamo né rotti né sbagliati, dobbiamo solo sapere come funzioniamo.
Imma, tu abiti in Svizzera e sei di origine campana. Qual è un cibo campano che ti è rimasto nel cuore?
Uno dei miei piatti preferiti è il saltimbocca salsiccia friarielli e provola affumicata.