UN VIAGGIO ARTISTICO CHE INIZIA DAGLI ANNI’20
Quando si viene trascinati a una festa senza conoscere il programma, ci aspettiamo quasi sempre il peggio. S’indossa l’abito elegante e scintillante per l’occasione, sperando di non avere sbagliato il genere, si curano trucco e parrucco e, mentre ci guardiamo allo specchio, ci chiediamo “chi me l’ha fatto fare?”. Invece, arrivo nel locale, un po’ di attesa mentre degustiamo le prime portate della cena, poi le luci calano. Il palco s’illumina e ha inizio la musica. Note di brani degli anni 30-40 inondano la sala e deliziano le mie orecchie, e la comparsa dell’elegante performer dalla tonalità raffinata illumina il mio volto. Sorprendente, un giovane artista ci sta regalando una serata curiosa e interessante e mi sembra quasi di trovarmi dentro al capolavoro Midnight in Paris di Woody Allen: i miei amati anni 30 e 40 prendono vita con la voce di Matteo Ferrari.
Il divertimento fanciullesco nel dirigere ed essere parte di spettacolini, fatti in casa per parenti e amici, è stato il LA della carriera artistica del maestro Matteo Ferrari. Prima la formazione alla Bernstein School of Musical Theater di Bologna sotto la guida di Shawna Farrell, poi un corso intensivo presso la Guildford School of Acting − University of Surrey (Regno Unito), l’insegnamento di canto e recitazione in italiano e in inglese, e nel 2020 l’ideazione di Maramao, canzoni tra le guerre, un progetto musicale inserito in importanti stagioni concertistiche tanto da riscuotere successi, sia di pubblico che di critica, anche negli Stati Uniti e in Canada. A dicembre 2021 esce il suo primo singolo “Ma l’amore no”, seguito nel gennaio 2022 dal suo album d’esordio Maramao, pubblicato e distribuito in tutto il mondo dalla storica etichetta italiana Bluebelldisc Music, eccetto Stati Uniti e Canada dove l’album è stato distribuito da PS Classics, rinomata etichetta di Broadway.
Pat Martino, chitarrista e compositore statunitense di musica jazz di origini italiane, affermò “la vera musica, come tutta la vera arte, è un’esperienza da condividere, non da giudicare, perché la lode non può migliorarla, come la critica non può peggiorarla”. Sentiamo cosa ne pensa Matteo Ferrari.
Matteo Ferrai, descriviti con tre aggettivi.
Simpatico, cerco di far ridere la gente, mi piace molto. Onesto, nel mio lavoro è fondamentale. Ritardatario.
Qual è il significato che attribuisci alla parola arte?
Libertà, creatività. Nel mio caso, abbracciandola, è stato poter essere me stesso prima di tutto, perchè per fare arte, qualsiasi tipo di arte, per come mi hanno insegnato i miei maestri, devi essere prima di tutto una tela bianca che va colorata, possibilmente senza incrostazioni.
Come ti sei approcciato all’arte del canto, della recitazione, e della danza. Quando hai iniziato?
Ho iniziato da bambino, frequentando la scuola di musica del mio paese, Borgo Valsugana. Ho proseguito con lo studio del pianoforte, poi ho voluto continuare con il coro, mi piaceva tantissimo sentire l’intreccio delle voci. La recitazione ho iniziato ad affrontarla alle scuole medie con il corso offerto dalla scuola, e la danza durante il liceo.
In questo percorso artistico, sei stato sostenuto dalla tua famiglia?
Sono stato molto fortunato, mi hanno sempre appoggiato in tutto. Fin da bambino, hanno lasciato che esprimessi quello che avevo dentro senza incanalarmi in niente.
Sei stato ispirato da un artista in particolare, hai avuto un LA iniziale nel tuo genere?
No, ho iniziato da generi totalmente diversi da quelli che faccio, molto commerciali. Al liceo mi sono appassionato di Carmen Consoli, sono passato al cantautorato, dando molta importanza alle parole. Poi ho iniziato ad ascoltare dei performer di Broadway.
Hai studiato in scuole di musical e teatro italiane e straniere, pensi che abbiano un metodo d’insegnamento diverso?
Sì, assolutamente. Il metodo anglosassone in generale è molto più pratico, la mentalità è diversa. Fortunatamente le scuole italiane dove ho studiato sono dirette da anglosassoni, quindi l’impronta è molto anglosassone.
Hai avuto molti insegnanti di recitazione e canto, quale di questi hai odiato e poi amato?
Sono un allievo di Shawna Farrell, è un’insegnante fantastica, una mentore, una di quelle persone che ami e odi contemporaneamente.
Matteo, sei anche insegnante, hai ereditato il tuo metodo dal suo metodo oppure hai iniziato un tuo percorso personale d’insegnamento?
Ho un mio metodo. Sono sempre stato per il confronto, per questo non ho mai avuto un insegnante solo. Credo che nelle arti sia fondamentale.
In quanto attore di musical, puoi affermare che il musical è apprezzato in Italia quanto all’estero?
No, in Italia non è apprezzato. Potrebbe esserlo ma non siamo ancora pronti. Tanti italiani vanno a Londra e New York a vedere musical, e forse sì il pubblico sarebbe pronto, ma non siamo ancora capaci di fare musical come fanno all’estero perché vogliamo sempre personalizzare.
Nel 2020 hai ideato un progetto musicale “Maramao, canzoni tra le guerre” che accoglie un genere proprio degli anni 30’ e 40’. Per quale motivo ti sei ispirato al genere musicale di quegli anni?
È ispirato moltissimo al genere americano di quegli anni, che è un genere che io adoro particolarmente. Sapere che i nostri compositori sono stati ispirati dalla musica di quegli anni americana, mi ha invogliato a esplorarla, in più è in italiano quindi la gente capisce. Sono storie.
Com’ è nata l’idea di Maramao?
Ho iniziato a cantare canzoni che canticchiavo ancora da anni, da quando ancora erano in vita i miei nonni, le cantavamo assieme e mi piacevano veramente tanto, erano nelle mie corde. Poi ho deciso di approfondire, andare nelle biblioteche, confrontarmi con collezionisti. È un progetto che ancora mi permette di conoscere tante persone, di stringere amicizie – che è la cosa alla quale tengo di più in assoluto – e contatti con appassionati che ogni volta arricchiscono il progetto.
Insegni canto e recitazione dal 2011, quanto entusiasmo vedi nella crescita artistica delle giovani leve? È paragonabile al tuo impegno?
Sì, ho sempre allievi molto soddisfatti, umanamente e artisticamente. Io, di base, sono specializzato nel repertorio del musical, che non è tanto conosciuto in Italia, fondamentalmente conosciamo Grease e basta, ma c’è un universo e la gente molto è curiosa. È un genere che non fa parte della nostra storia quindi devi studiarlo tanto prima di insegnarlo.
Attualmente stai portando avanti la tournée di Maramao, che sta ottenendo grandi consensi in Italia e all’estero, stai iniziando a lavorare anche a un nuovo progetto?
No, c’è ancora tanto materiale di quegli anni da studiare, è un progetto in continua evoluzione.
Cosa pensi dell’attuale panorama musicale?
Adesso la velocità ha condizionato tutto. La musica tanto commerciale che passa in radio non mi dà la soddisfazione della musica degli anni passati.
Oltre la musica, hai altre passioni?
Mi piace viaggiare, mi arricchisce sempre.
Esiste una città che ti rappresenta?
Non mi piacciono le grandi città, penso i piccoli paesi della Francia.
Con quale musica in sottofondo?
Il favoloso mondo di Amelie, Édith Piaf, Charles Trenet.
Durante i tuoi viaggi, hai assaggiato qualche pietanza curiosa che ti è piaciuta molto?
Sto pensando a cosa ho assaggiato durante il mio ultimo viaggio in America, Canada… abbiamo mangiato tanto trentino, quindi polenta e osei.
Per il tuo lavoro, segui una dieta in particolare oppure non serve stare attento all’alimentazione, soprattutto per le performance?
Bisogna avere energia. Lavorando con il basso ventre, devo sentire piena quella zona durante la performance.
Il tuo primo singolo è “Ma l’amore no”. Tra i tanti brani, qual è stata la scelta che ti ha portato a individuarlo?
È stata la scelta dell’etichetta Bluebelldisc Music, è l’unica canzone del disco che è stata registrata in un’unica take, come fosse dal vivo, e in contemporanea con il pianoforte.
Un pregio e un difetto di Matteo.
Ascolto, un pregio. Ritardatario, il difetto.