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A CARNEVALE… OGNI DOLCE VALE?

CHIACCHERE, FRITTELLE O CASTAGNOLE?

Ogni festa che si rispetti ha il suo dolce simbolo. Durante il Carnevale, il periodo che precede il tempo liturgico della Quaresima, le strade odorano di fritto e le vetrine delle pasticcerie si colorano. A meno che non abbiamo le idee chiare e gusti ben definiti, una distesa di dolci invita all’ardua scelta: chiacchera, castagnola o frittella?

Ma attenzione a quale regione d’Italia vi trovate! Se siete toscani come me e chiedete i cenci in Veneto, come la mia cara collega Sara qualcuno vi potrebbe  rispondere “cosa vuoi???”. E se vi dovesse andare peggio, potrebbero porgervi uno straccio!

A ognuno la sua storia.

Ci troviamo nell’antica Roma quando, durante la celebrazione dei Saturnali – una festa molto simile al nostro Carnevale – a tutta la folla in festa venivano distribuiti gli antenati delle nostre chiacchere: le frictilia. Apicio, uno dei più raffinati buongustai dei tempi antichi, li descrive nel suo “De re coquinaria” come rettangoli di pasta a base di uova e farina di farro, fritti nello strutto e poi immersi nel miele.

Le frittelle appartengono alla tradizione veneziana del 1300 e, inizialmente, venivano preparate solo dai fritoleri con un impasto composto da farina, uvetta, pinoli, uova e zucchero, fritto nello strutto in enormi padelle. La figura del fritolero era talmente tanto apprezzata che divenne la protagonista in diverse opere artistiche e letterarie, come “Il Campiello” di C. Goldoni e “La venditrice di frittole” di P. Longhi.


castagnole

Infine, spendiamo qualche riga per le rivali delle nostre amatissime frittelle: le castagnole. Si tratta di palline d’impasto fritto, della dimensione di una castagna, di cui leggiamo per la prima volta nei ricettari del 1600 dei D’Angiò. Preparate con uova, zucchero, burro, farina, un po’ di lievito e scorze di agrumi, oltre che essenza di vaniglia e qualche liquore aromatico.  Si mangiavano durante le feste natalizie fino al mercoledì delle ceneri
.

Fragranza da un lato, morbidezza dall’altro. La frittura è il loro denominatore comune: per quale motivo? Semplicemente perché friggere è storicamente legato alla necessità di preparare velocemente una grande quantità di cibo a basso costo, in modo tale da offrirlo a quante più persone possbili. Questo è un aspetto facilmente riscontrabile anche nella cucina odierna.

Al giorno d’oggi, in generale, si frigge con l’olio di varia origine, ma nel Medioevo questo si utilizzava solo nei giorni quaresimali o “magri”, mentre per i periodi “di grasso” si prediligevano il lardo o lo strutto.

Le “chiacchere” da nord a sud.

chiacchere

‹‹Mi passi un cencio?›› chiedo a Sara, avendo davanti a sè il vassoio di chiacchere.

Con sguardo perplesso, Sara si guarda intorno. Poi guarda me e dice: ‹‹E dove lo trovo?››

‹‹Stai scherzando? Ce l’hai davanti…›› le dico.

Da questo buffo episodio, abbiamo compreso che il mio cencio è la sua chiacchera, mentre la mia chiacchera non è certo un dolce!

A ogni regione il suo modo di dire. Diversamente dalle altre, è facile fare confusione parlando di chiacchere di Carnevale con qualcuno che non viene dalla nostra stessa regione. Infatti, se nel Nord Italia si chiamano più comunemente bugie, crostoli o galani, nel Centro-Sud diventano frappe, cenci, maraviglia o, appunto, chiacchere.

E DAL PUNTO DI VISTA NUTRIZIONALE?

Come per tutti i dolci, anche per quelli di Carnevale vale la pena distinguere la produzione artigianale da quella industriale. Farina, uova, zucchero, burro e lievito. Gli ingredienti originali sono pochi e semplici, e in proporzione diversa in base al risultato che si vuole ottenere.

La ricetta “classica” nel tempo è stata rivisitata per soddisfare anche i palati più capricciosi aggiungendo glassature e ripieni di vario tipo. Scegliamo pure il gusto che più ci piace, però andiamo alla ricerca del prodotto di qualità! Acquistando queste prelibatezze al supermercato rischiamo di portare a casa prodotti “compromessi” da altri ingredienti poco naturali che non appartengono alla tradizione, come emulsionanti, amidi, olii e grassi vegetali non idrogenati, aromi, correttori di acidità e conservanti. Attenzione: questi componenti non nuociono alla salute del consumatore ma non sono indice di un prodotto di alta qualità che invece potremmo recuperare nella nostra pasticceria o forno di fiducia, che, certamente, rispecchierà il vero gusto del Carnevale!

Sono dolci fritti, fanno ingrassare!

Cottura fritta non significa necessariamente “aumento di peso”, se seguiamo il sano principio “mangiamo un po’ di tutto senza esagerare”. La gola è un’acerrima nemica! Ma se ci limitiamo al periodo di Carnevale per preparare o acquistare e consumare con moderazione queste prelibatezze stagionali, sceglieremo la stretegia giusta per non rinunciare al piacere della degustazione e della condivisione della festa.

Come e quante volte possiamo concederceli?

In condizioni di normalità, e in assenza di patologie che ne precludano il consumo, è bene non mangiarli tutti i giorni.

Si consiglia la consumazione:

  • a fine pasto, al posto della frutta
  • a colazione, accompagnati da un bicchiere di latte o da una spremuta
  • a merenda, assieme a una bevanda calda.

 Giovanna e Sara